
Il banco di Sem
C’era una volta, in un luogo che non esiste sulle mappe, una donna di nome Sem.
Creava potenti talismani forgiati da pietre antiche, mani segnate dal tempo e silenzi che sanno ascoltare.
Non erano ornamenti, né semplici amuleti.
Erano ponti, legami invisibili che sceglievano chi li portava, non il contrario.
Sem lavorava come chi sa che ogni gesto è un peso e un dono.
Al suo fianco viveva il suo drago: silenzioso, invisibile agli occhi distratti, ma immenso per chi aveva il coraggio di sentire.
Non faceva rumore, ma spezzava catene.
In un giorno senza tempo, alla Fiera dell’Anima, accaddero piccoli miracoli.
Una giovane coppia si fermò al banco.
Non erano solo innamorati, ma due anime ferite eppure riconciliate con se stesse.
Nei loro occhi si vedeva la memoria antica del riconoscersi, oltre il tempo e il dolore.
Non servivano parole. Si guardarono a lungo, tra i bracciali e tra loro.
E per un attimo, il mondo smise di vacillare.
Sem tacque. Il drago piegò le ali, come in un silenzioso inchino.
E una pace profonda scese su di loro, quella che arriva quando il cuore smette di fuggire.
Dall’altra parte, il ragazzo di bottega osservava.
I suoi occhi, colmi di una dolcezza senza pretese, non osavano chiedere nulla.
Amava Sem con la pazienza cruda di chi sa aspettare, di chi custodisce un fuoco senza volerlo spegnere.
Quando lei sorrideva, per lui era già tutto.
Poi, il Protettore dei Draghi apparve.
Portava il peso delle leggende e degli antichi giuramenti.
Si fermò davanti a Sem, la scrutò senza parole, e piegò il capo in segno di benedizione.
Il drago risplendette per un istante tra le ciglia di Sem.
Tra il brusio della fiera si fecero avanti tre donne vestite da pirata.
I loro occhi erano tempeste tranquille,
capaci di infrangere e ricostruire in un battito.
Camminavano con passi leggeri ma decisi,
portando addosso la dolcezza di chi ha amato senza paura,
e la fatica di chi ha perso senza rassegnarsi.
Sem le accolse senza parole,
come chi riconosce subito ciò che il cuore ha sempre cercato.
Il drago trattenne il respiro, immobile e attento.
La prima sfiorò una pietra sul banco,
come a voler afferrare un ricordo sfuggente.
«Era qui, in questa luce, che mi sentivo invincibile», disse, quasi a sé stessa.
La seconda sorrise con tristezza,
gli occhi ancora velati di lacrime non versate.
«Ho amato come solo il mare sa insegnare —
con profondità e con tempesta.»
La terza si avvicinò a Sem,
e nei suoi occhi si posò una promessa non detta:
«Anche nei giorni più bui, c’è una parte di noi che resta libera.»
Sem rispose con un sorriso che era un abbraccio,
una benedizione silenziosa per quelle anime ferite e splendenti.
Il drago, allora, sollevò un’ala,
come a cingere quelle donne con un velo di protezione invisibile.
Quando se ne andarono, nessuno poté fermarle,
ma il vento continuò a portare con sé
il profumo del loro coraggio e della loro fragile, indomita bellezza.
Una bambina, Olga, con occhi nati da una stella, si fece strada tra la gente.
Si fermò, sorridendo con la leggerezza di chi conosce il segreto dell’anima.
«Io qui ci sono già stata.»
Sem la guardò come si guarda un custode mascherato da innocenza.
Il drago ascoltò.
Poi arrivò lei, una fata dai lunghi capelli rossi come fuoco spento.
I suoi occhi erano laghi profondi in cui affondare o rinascere.
Camminò silenziosa, sospesa tra il mondo reale e quello dei sogni.
Sem la incontrò con uno sguardo che non aveva bisogno di parole.
Un legame invisibile le univa: una sorellanza di memorie e solitudini.
Infine, un’Elfa.
Scambi di sguardi, un sorriso trattenuto.
Sem le offrì un dono senza nome, un attimo sospeso nel tempo.
L’Elfa tornò più tardi, lasciando una moneta lucente:
il simbolo di un debito che non esisteva.
Solo gratitudine e scambio.
La fiera si concluse.
Il banco di Sem era una soglia, non un luogo.
Un passaggio dove il cuore riconosceva le proprie radici e le proprie ali.
Il drago vegliava.
Il ragazzo di bottega taceva, custodendo l’attesa senza speranza né certezza.
E se mai passerai da lì…
non avere fretta.
Respira.
Il drago si lascia vedere solo a chi ha smesso di fuggire da sé.
Dedica
A chi ho incontrato alla Festa dell’Unicorno a Vinci nel luglio 2025,
anime gentili, profonde, vere.
Grazie per i sorrisi silenziosi,
gli sguardi che hanno parlato più delle parole,
la bellezza che avete portato con voi
senza nemmeno accorgervene.
Questa storia è nata da voi,
dai piccoli gesti, dai momenti condivisi,
da quella magia che si crea solo quando ci si riconosce
senza bisogno di spiegare nulla.
Vi porto con me,
tra le pieghe delle parole
e tra le ali del drago.