Il Drago che non dorme

Il Drago che non dorme

Dedica.....

Questa fiaba è per i bambini che vivono dove il mondo brucia.

Per quelli che non hanno più una casa, né una scuola, né un sonno tranquillo.

Per chi cresce tra le bombe, il silenzio degli adulti e il rumore della paura.

È per i bambini di Gaza, dell’Ucraina, del Sudan, dello Yemen, del Myanmar, dell’Etiopia —

e di ogni luogo dove l'infanzia viene calpestata dalla guerra.

Ma è anche per noi adulti.

Perché questa fiaba non è una ninna nanna. È una sveglia.

Serve a guardare.

Ad ascoltare.

A non voltarsi mai più dall’altra parte.

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UNA VOCE REALE

«Mi chiamo Mahmoud. Ho nove anni… Loro si dimenticheranno di lei.

Ma tu — tu, non dimenticarla.»

Mahmoud, bambino sopravvissuto a Gaza, parlando della madre uccisa davanti ai suoi occhi.

Le parole di Mahmoud non sono fantasia.

Sono vere.

E come lui, milioni di bambini portano dentro voci che il mondo non sente.

Questa fiaba è anche la loro...

 

IL DRAGO CHE NON DORME

C’erano bambini che non avevano più un letto.

Né una casa. Né una mamma che li aspettava.

Avevano visto il cielo diventare fuoco.

Avevano imparato a riconoscere il rumore delle bombe

prima ancora di sapere leggere.

Avevano nomi.

Ma nessuno li chiamava più.

 

Uno di quei bambini si chiamava Sami.

Aveva otto anni, gli occhi grandi e le ginocchia sbucciate.

Camminava tra le macerie con in tasca un sassolino —l’unica cosa che era riuscito a salvare.

Un piccolo sasso grigio, ma per lui era memoria, era mamma, era casa.

Salì su una collina fatta di ferro, cemento rotto e vetri.

Una collina che non c’era prima.

Era una collina di guerra.

In cima, tra il fumo e la polvere, respirava qualcosa di enorme.

Un drago.

Non era un drago delle fiabe.

Aveva le ali spezzate, il muso nero di fuliggine, le squame rovinate.

Ma era vivo.

E soprattutto: non dormiva.

Sami si avvicinò piano.

Il drago lo guardò con occhi profondi,

pieni di tutte le guerre del mondo.

Poi parlò, con voce di vento e cenere:

 «Io sono il Drago che non dorme. Se chiudo gli occhi, bambini come te scompaiono.»

Sami si sedette accanto a lui.

Aveva fame. Freddo. Paura.

«Perché nessuno ci aiuta?» chiese.

Il drago abbassò lo sguardo.

 «Perché hanno imparato a guardare senza vedere.

A sentire senza ascoltare.

A vivere come se voi non esisteste.»

 

Sami strinse il sassolino tra le dita.

«Io non ho più niente.»

Il drago scosse la testa.

«Hai la tua voce.

Hai la tua storia.

E finché la racconti, non potranno cancellarti.»

Allora Sami si alzò.

Guardò un muro crollato e con un pezzo di carbone scrisse:

 IO SONO ANCORA QUI.

 

Poi arrivarono altri bambini.

Uno scrisse: ABBIAMO VISTO.

Un’altra scrisse: NON DIMENTICATECI.

Un altro ancora: SIAMO VIVI.

 

Il muro si riempì di parole semplici, vere, impossibili da ignorare.

Il drago si alzò con fatica.

Ogni squama rotta iniziò a brillare.

Non era magia.

Era memoria.

Era verità.

Era resistenza.

 

Aprì le ali ferite e volò sopra la città.

Dove passava, le parole dei bambini salivano nel cielo come stelle.

Non stelle per sognare...Stelle per non dimenticare.

 

UN INVITO...

Se hai letto fino a qui, ora tocca a te.

Scrivi anche tu una parola, un disegno, un messaggio di pace.

Per Mahmoud. Per Sami. Per ogni bambino che resiste.

Perché ogni voce, anche piccola,

è una scintilla nella notte.

E insieme,

possiamo essere il drago che veglia.

 

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