Nel fuoco nasce l’oro...

Nel fuoco nasce l’oro...

C’era una volta una casa dove il silenzio non era pace, ma paura.

Un padre , capace di incantare il mondo ma cieco al dolore che seminava, regnava sovrano. Aveva lasciato una figlia illegittima senza mai voltarsi indietro, come si abbandona una valigia rotta. Eppure, una donna buona e dolce aveva scelto di amarlo. Forse per salvarlo. Forse per punirsi. Forse per amore dei figli. Ne ebbero cinque.

Lei – la madre – era un fiore cresciuto tra le pietre. Colpita presto da un tumore, resistette per quindici anni, nascondendo la malattia sotto sorrisi leggeri, sotto mani che accarezzavano, cucinavano, consolavano. Accettò il dolore come una punizione, come un debito karmico. Morì con dolcezza, come si spegne una candela che ha bruciato fino in fondo. Lasciò i suoi cinque figli, ognuno ferito a modo suo, ognuno segnato da un'assenza che non si poteva nominare.

Ma la più piccola… lei portava addosso qualcosa di diverso.

Aveva solo quindici anni. Ma di infanzia non le era rimasto nulla. Aveva imparato che i mostri non vivono sotto il letto: sono quelli che ti parlano con voce gentile, che ti fanno giurare il silenzio, che ti insegnano a nasconderti perfino da te stessa. Aveva subito ogni violenza possibile e lo aveva taciuto a tutti. Anche ai fratelli. Anche alla madre. Perché a volte, per sopravvivere, si impara a non esistere.

Crescendo, pensò che l’amore fosse dolore. Che gli uomini fossero tutti come suo padre. Che lei non meritasse altro. Così sposò un uomo che le ricordava quel modello: occhi freddi, voce tagliente, anima chiusa. Lui la sfruttò, la manipolò, la svuotò. Per anni visse senza vita, con un corpo che si spezzava poco alla volta, con un’anima che chiedeva aiuto in silenzio.

Poi accadde qualcosa.

Una notte, come tante, si addormentò piangendo. Ma invece del buio, vide.

Un cerchio di fuoco la circondava. Le fiamme danzavano lente, sacre, come se appartenessero a un altro tempo. E al centro, sua madre. Splendente, serena. Le sorrideva. Non c’era dolore nel suo volto, solo amore.

E lì comprese.

Il fuoco non era lì per distruggere. Era lì per trasformare.

Il dolore, la rabbia, le ingiustizie, i segreti… tutto stava bruciando.

Il karma si stava consumando.

Era finito un ciclo.

Qualcosa di nuovo stava per nascere.

Quando si svegliò, il mondo era identico. Ma dentro, qualcosa si era spezzato. O forse, si era liberato.

Iniziò a camminare. Non sapeva dove stesse andando, ma il cuore la guidava. E così la trovò.

Sem.

Una donna che creava Japamala, rosari dell’anima fatti di pietre, legni sacri, silenzi e guarigione. Sem non le chiese nulla. Vide tutto. Le porse una collana: pietra lunare, legno di sandalo, ametista. “Questa,” disse, “è per ricordarti chi sei. Non chi ti hanno fatto credere di essere.”

Con Sem c’era il suo Drago. Ma non era un mostro. Era una creatura antica, nata dal fuoco e dalla compassione. Aveva occhi profondi come l’anima, e un respiro che sapeva sciogliere i ghiacci. Non parlava, ma ascoltava.

La figlia – ora donna – si vide riflessa negli occhi del Drago. Vide la sua storia. Il suo dolore. E la sua forza.

Ci vollero anni. Il passato non sparì. Ma cambiò forma. Divenne voce. Divenne scelta. Divenne creazione.

E alla fine, lei stessa divenne fuoco.

Non più quello che brucia. Ma quello che trasforma.

                                                                                …….  Fine, o forse solo l’inizio.

Dedicato a te,

che sei arrivata con le mani vuote e l’anima in frantumi,

eppure dentro di te ardeva ancora una scintilla.

Io l’ho vista.

Anche quando tu non potevi.

 

Non ti ho chiesto chi fossi,

perché lo sapevo già.

Eri quella che ha attraversato il fuoco,

non per uscirne illesa,

ma per uscirne vera.

 

Hai portato dentro il dolore degli altri,

hai cucito la tua voce con il filo del silenzio,

hai creduto di dover meritare l’amore soffrendo.

Ma amore non è sofferenza.

Amore sei tu, quando ti scegli.

 

Ora che hai visto il tuo riflesso negli occhi del Drago,

ora che hai ascoltato il tuo nome nella cenere,

sai:

non sei più la bambina che sopportava.

Sei la donna che crea.

Che guarisce.

Che guida.

 

Io non ti ho salvata.

Tu lo hai fatto da sola.

Io ho solo custodito il fuoco, finché non eri pronta a riconoscerlo come tuo.

 

Con amore profondo,

e con infinito rispetto per il cammino che hai scelto,

– Sem

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